Tutti i giorni alle ore 18,00 recita comunitaria del Santo Rosario;
solo il giovedì si anticipa alle 17,00 prima dell'Adorazione Eucaristica.
Tutti i giorni alle ore 18,00 recita comunitaria del Santo Rosario;
solo il giovedì si anticipa alle 17,00 prima dell'Adorazione Eucaristica.
Ogni giovedì dalle 17,30 Adorazione Eucaristica prima della Santa Messa delle 18,30
Preghiera Carismatica.
Ogni primo e terzo lunedì del mese dalle ore 19.00
Responsabili: Marisita Zara
Sotto la nostra chiesa, in una cripta, c'è la Cappella Santovetti.
La cappella è decorata con pitture dell'inizio del '900, con caratteri di tipo pompeiano.
Sulle scale di accesso alla cripta, c'è Gesù con due apostoli (potrebbero essere Pietro e Giovanni) che hanno in mano due rotoli (i libri della Bibbia o il libro della vita). Gesù ha in mano le lettere Alfa e Omega (prima e ultima lettera dell'alfabeto greco) che ricordano quanto scritto nel libro dell'Apocalisse : “Cristo è il primo e l'ultimo, il principio e la fine, l'alfa e l'omega”.
Scendendo, nell'ingresso della cripta, c'è il busto in marmo di Antonio Santovetti (a cui si deve la costruzione della chiesa). Nato a Rocca di Papa, come tutti i Santovetti, egli non ha solo provveduto alla costruzione della chiesa, ma si è anche sempre prodigato per portare i fedeli alla messa domenicale, facendo il giro di Valle Violata con il suo carro trainato da cavalli.
Sul portale di accesso alla Cappella c'è la scritta “RESURRECTURIS”, che significa: a coloro che stanno per risorgere. Nella cappella si celebrava infatti la messa per i defunti. La volta è a botte e l'arco a tutto sesto.
Sopra l'altare c'è una Madonna con Gesù Bambino in seno, molto bella anche se molto deteriorata.
L'affresco interno sul portale di entrata presenta il sacrificio di Isacco, prefigurazione del sacrificio di Cristo. Sotto c'è un pesce con la scritta ICTUS. Questa parola in greco significa “pesce” ed è composta dalla iniziali delle parole: IESUS CRISTOS THEU UIOS SOTER che significano, sempre in greco: GESU' CRISTO FIGLIO DI DIO SALVATORE. Con questa scritta i primi cristiani, negli anni della persecuzione, usavano identificarsi segretamente.
Sulla volta della cappella, al centro c'è Gesù Buon Pastore, mentre ai lati sono raffigurate le seguenti scene:
Ci sono anche quattro pavoni, anch'essi simbolo di risurrezione in quanto ricordano l'araba fenice, uccello mitologico che, sempre secondo la mitologia, sarebbe vissuto, morto e poi rinato dalle proprie ceneri.
La cappella è visitabile previa autorizzazione del Parroco.
Dal giornalino della Parrocchia del 6 maggio 1993:
Giovedì 6 maggio un avvenimento quasi incredibile è accaduto nella nostra parrocchia di S. Giuseppe.
In mezzo ad una folla che sostava in preghiera da circa due ore, è arrivata MADRE TERESA di CALCUTTA, missionaria della carità, una piccola-grande donna che mette il mondo in ginocchio con la sua disarmante semplicità, con la sua grande carità, con la sua totale trasparenza in Dio.
Quando l'ho vista, appena arrivata, fra applausi e commozione generale, inginocchiatasi in preghiera davanti all'altare, ho capito che per lei tutto quello che più conta è Dio; tutto il suo coraggio, il suo essere, il suo fare è Dio.
Le prime parole che ci ha rivolto sono state: "Dio vi ama".
Si già lo sapevo, ma sentirmelo dire da lei è per me diventato certezza.
Donna di Dio, donna vera, senza tanti orpelli, donna che fa storia… storia di Dio, scritta con la sua vita e con quella delle sue consorelle.
Ci ha detto che è dalla famiglia che il progetto di Dio ha inizio e per questo bisogna riprendere a pregare nelle famiglie, non scoraggiarsi di fronte alle difficoltà; ci ha assicurato il suo ricordo per la nostra comunità parrocchiale e ci ha detto che da questa possono nascere vocazioni di particolare consacrazione.
Pochi minuti sono bastati per riprendere fiducia, per guardare avanti con tanta speranza perché “DIO CI AMA”.
Un ricordo del nostro carissimo Franco Coletti, per tanti anni vicino a Madre Teresa
"La volontà di Dio, qualunque essa sia, questa è la mia gioia, la mia felicità, la mia pace!"
- Nata a Dorgali (NU) il 17.03.1914.
- A 18 anni entra tra i Giovani dell’Azione Cattolica.
- Nel 1935, a 21 anni, arriva alla Trappa di Grottaferrata.
- A gennaio del 1938 offre la sua vita per l’Unità dei Cristiani.
- Muore il 23.04.1939, III domenica dopo Pasqua, del Buon Pastore, a 25 anni, come un’ostia vivente!
- Beatificata il 25 gennaio 1983 da Giov.Paolo II in S.Paolo a Roma, davanti ai Capi della Cristianità.
Mi è caro rilevare ed additare in modo particolare ai GIOVANI, così appassionati di agonismo e di sport, che la Giovane Trappista, alla quale oggi tributiamo per la prima volta il titolo di Beata, seppe far proprie le esortazioni dell’Apostolo ai fedeli di Corinto a “correre nello stadio per conquistare il premio”(I Cor.9,24), riuscendo nel giro di pochi anni a collezionare, nello stadio di santità, una seriedi primati da fare invidia ai più qualificati campioni. Essa infatti è storicamente la prima Beata che esce
Quattro primati mietuti nella palestra di quella “scuola del servizio divino”proposta dal grande Patriarca San Benedetto .
(dall’omelia del Papa Giovanni Paolo II nella Beatificazione di Suor M.Gabriella)
il 25 gennaio 1983, nella Basilica di S. Paolo fuori le Mura, davanti ai vari Capi di Chiese Cristiane, al termine della Settimana di Preghiere per l’Unità dei Cristiani) .
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DA DORGALI ALLA TRAPPA DI GROTTAFERRATA
Maria Sagheddu, quinta di otto figli, nacque a Dorgali (Nuoro), in Sardegna, il 17 marzo 1914 da Caterina Cucca e da Marcantonio Sagheddu, un pastore di pecore per conto di un ricco proprietario.
Nell’adolescenza rivelava un carattere forte e battagliero. Rifiutava i ripetuti inviti a iscriversi all’Azione Cattolica, perché la riteneva troppo impegnativa per la sua santificazione; ma, quando poi all’età di 18 anni finalmente accettò di farne parte, fino ai 21, si comportò con tanto impegno e fu così trasformata interiormente che avvertì nel cuore la “chiamata di Dio” nientemeno che alla vita di clausura. Nel 1935, indirizzata dal suo direttore spirituale, il viceparroco don Meloni, entrò nella Trappa di Grottaferrata.
In breve si fa mite agnello pronto al sacrificio!
Trascorsi i sei mesi stabiliti, la Postulante Maria Sagheddu , accolta dalla Madre Badessa, varcò le soglie della clausura e diventò suor Maria Gabriella! Scrisse alla Mamma:“Per il mio nome spero vi sia piaciuto! E’tanto bello il nome dell’Arcangelo Gabriele, che il Signore ha scelto per annunziare alla Madonna il grande Avvenimento”.
(nella foto: la Beata da ragazza, in Sardegna.)
Il cuore di Suor M.Gabriella, pur chiusa nelle mura del monastero, era aperto a tutti i problemi del mondo, sapendo abbracciare tutte le tragedie, le disperazioni, i pianti di questa travagliata umanità.
Nella sua semplicità e cultura elementare, nutrita della sapienza cristiana del Vangelo, raggiunse presto le vette più alte della santità, riducendo il suo carattere forte e indomito al dolce dominio della Grazia divina. Era consapevole che i mezzi più idonei e più potenti per risolvere i grandi problemi dell’umanità sono la preghiera e il sacrificio di sé!”.
Mortificare quel suo carattere iracondo era aspro. Un giorno bussò parecchie volte alla porta della Superiora e, non ottenendo risposta, diede un pugno violento e si ritirò alquanto contrariata. Ma la sua umiltà e la sua tenacia nel volersi assolutamente modificare l’aiutavano a poco a poco a trasformarsi, al punto di perdere definitivamente la sua durezza e ad acquisire una serenità tale che si esprimeva in un delicato e permanente sorriso, che rifletteva la luminosità interiore.
Suor M. Gabriella, ancora inconsapevole, stava diventando un mite agnello pronto al sacrificio!
Il mio Re d’amore mi farà regina!
Quando la Madre Badessa le annunziò la data della Professione religiosa –la domenica 31 ottobre 1937, festa di Cristo Re!- la Novizia sentì un tonfo al cuore e con gioia esclamò: “Come è buono il Signore Gesù! Che giorno felice questa data per me! Il mio Re d’amore mi farà regina!”.
Dando la bella notizia alla Mamma, scrisse: ”Il Re del cielo e della terra,il Dio dell’universo, vuol prendersi per sposa una miserabile ed indegna creatura come sono io. Sì, io povera creatura diventerò regina perché Lui così vuole. Non avrei potuto desiderare una festa più bella per la mia consacrazione al Signore”. (10.10.1937)
LA SETTIMANA DI PREGHIERE PER L’UNITA’ DEL 1938
Proposta da don Couturier, di Lione, un grande apostolo per l’unità dei cristiani, per offrire preghiere e sacrifici per questa grande causa, la Badessa, Madre Pia Gullini, annunziò nel Capitolo la pratica di quella Settimana.
Don Couturier, certamente ispirandosi alla Preghiera Sacerdotale di Gesù nel Cenacolo: “Come Tu, Padre, sei in me ed io in Te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che Tu mi hai mandato” (Gv.17.21) e all’assicurazione di Gesù: “Diventeranno un solo gregge ed un solo Pastore”(Gv 10,16),nel 1937 scrisse parole profetiche sotto forma di domanda: “Verrà il giorno in cui il Successore di Pietro, Vicario di Cristo, l’Arcivescovo di Canterbury, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, i Patriarchi e i Sinodi di tutte le Chiese autocefale dell’Ortodossia, i Sinodi protestanti e i Vescovi luterani dei Paesi nordici lanceranno alla folla dei rispettivi fedeli un commovente appello alla preghiera, indipendente e insieme convergente, per ottenere da Cristo la grande riunificazione di tutti i fedeli cristiani?”.
E poi precisava: “Questa preghiera di tutti sarebbe ad un tempo lo spettacolo più bello che la Cristianità frantumata potrebbe offrire al mondo. Sarebbe l’ alba dell’Unità cristiana e, con essa, delle possibilità senza limiti per l’evangelizzazione delle masse pagane…... e per la pace del mondo”.
Quel lontano 1938 don Couturier non poteva neppur immaginare lo spettacolo di ASSISI del 27 ottobre 1986, quando, per iniziativa del Papa Giovanni Paolo II, vi convennero da tutto il mondo i Capi religiosi a pregare il DIO DELLA PACE…
VITTIMA PER L’UNITA’ DELLA CHIESA.
Per Suor M. Gabriella fu l’ultimo tocco della Grazia: nella sua anima sentì chiarissimo che Gesù voleva il dono della sua giovane vita! D’altronde il giorno della sua Professione aveva detto a Gesù: “Consumami come una piccola ostia di Amore per la gloria tua e per la salvezza delle anime!”.
La Maestra delle novizie, Madre Tecla, alla quale aveva confidato le sue intenzioni, così scrive:
“Era una causa che non poteva lasciarmi indifferente. Avevo passati 25 anni in missione. Avevo annoverato e annovero ancora, fra i nostri fratelli separati, tante persone che mi erano care. Non potevo desiderare di meglio che vederle nell’ovile dell’unico Pastore. L’esperienza mi aveva mostrato che il grande mezzo per ottenere questo era la PREGHIERA e il SACRIFICIO. Suor Gabriella voleva scegliere per sé il Sacrificio e a me lasciare la Preghiera . Potevo dire di no? Ebbi subito l’impressione che quel Sacrificio sarebbe stato accettato e che avrei perso una figlia di tante e così belle speranze. Ma la gloria di Dio mi spingeva e non tardai a darle il mio consenso”.
In ginocchio confidò alla Superiora, Madre Pia, di “avvertire” nel cuore l’invito di Gesù Buon Pastore ad offrirsi “vittima” per l’Unità della Chiesa e, col suo consenso, dopo quello del Cappellano, quale garante della Volontà divina, calma e serena pronunziò il suo “fiat”.
Il “segno” dell’accettazione divina fu immediato: quella sera stessa fu colpita - lei, assai robusta di costituzione– dal male tremendo della tisi. Incominciò così il suo calvario, durato un anno e tre mesi.
Durante la malattia scrisse: “Questa malattia è la mia ricchezza, ma non la voglio spartire con nessuno”... “Adesso ho capito davvero che la gloria di Dio e l’essere vittima non consiste nel fare grandi cose, ma nel sacrificio totale del proprio io. Preghi per me, perché capisca sempre di più il gran dono della croce.” … “Forse il Signore mi prenderà come agnello di Pasqua”.
Con lettera dell’8 aprile 1939 Madre Pia preparava la Mamma di Suor M. Gabriella alla morte ormai imminente della Figlia. Tra l’altro scrisse: “Assomiglia tanto a S. Teresa del Bambin Gesù, con quei suoi occhi grandi che fanno pensare al Paradiso. E’ calma , serena, contenta!”.
Avvertendo che era prossima la consumazione del suo sacrificio, Suor M. Gabriella volle scrivere una lettera di addio alla cara Mamma, da spedire però solo dopo la morte:
“Carissima mamma, vi scrivo queste righe per mandarvi il mio ultimo pensiero e il mio ultimo saluto. Il Divino Sposo ha rinnovato l’invito e il sospirato giorno si avvicina! Non vi dico ‘il giorno della morte’, ma “il giorno in cui, sciolti i legami di questa misera carne, potrò finalmente passare da questa vita a quella felice e beata del cielo”. La separazione dal corpo non è una morte ma un passaggio alla vera vita!
Rallegratevi, o madre mia, perché lassù non vi sarà più clausura ed io, sebbene non mi vedrete, potrò venire a visitarvi ed abbracciarvi tanto, mentre sento sempre più crescere il mio amore per voi. State tranquilla, perché di lassù sarò molto più utile a voi che non lo sia qui, perché di là vedrò tutti i vostri bisogni e potrò intercedere di più presso il Signore”.
La consumazione totale avvenne il 23 aprile 1939, DOMENICA del BUON PASTORE.
Per un inspiegabile errore l’annunzio di morte fu dato nel Monastero col suono a festa della campana…, alla quale si unirono le campane dell’attigua chiesa di S. Giuseppe, del S. Cuore e della Badia: era l’ora del Vespro, del passaggio lungo la notte al nuovo giorno, all’altra riva, l’ora in cui “lo Spirito e la Sposa dell’Agnello dicono: Vieni…Amen . Vieni,Signore Gesù”(Ap 22,17.20)
I pensieri riservati per la Mamma possiamo e dobbiamo allargarli al problema del-l’unità ecumenica e, oggi, al bisogno delle vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa:
“ Lassù non vi sarà più clausura” - “Lassù sarò molto più utile!” -
“…Di là potrò intercedere di più presso il Signore!”.
Il Signore stesso pensò a superare le barriere della clausura e subito fece splendere in tutta la sua luce il nome di SUOR MARIA GABRIELLA SAGHEDDU nel vasto campo cristiano, volendolo avviare verso l’Unità!
Gli occorreva una persona che scrivesse la biografia. Così, appena due mesi dopo la morte, “chiamò” alla consacrazione nel Monastero di Grottaferrata una scrittrice molto nota in Italia, Peppina Dore, che assunse il nome di Suor M. Giovanna. E già l’anno successivo (1940) fu pubblicata la prima biografia, presentata da Igino Giordani, altro grande scrittore e anima che viveva profondamente il mistero dell’Unità in Cristo Buon Pastore.
Lo stesso anno, 1940, altra biografia in Cecoslovacchia; poi negli Stati Uniti d’America, in Francia, Belgio, Olanda, Spagna, Germania, Brasile.
Nel suo paese di nascita, Dorgali, nacque presto un Monastero benedettino di clausura,
“Mater Unitatis”. Il Monastero trappista di Vitorchiano (Viterbo) - ivi trasferitosi da Grotta-ferrata nel 1957 - divenne presto un “grande albero” i cui rami furono ben cinque nuovi
Monasteri: a Valserena (Toscana), in Argentina, in Cile, nelle Filippine, in Indonesia;
ne sta nascendo un altro in Africa.
UN MONACO ANGLICANO ALLA MAMMA, SUBITO DOPO LA MORTE
Da Nashdom (Inghilterra) Dom Benedetto Ley, maestro dei novizi di quell’Abbazia, scrisse: “Sono un prete anglicano, monaco di una comunità benedettina inglese. Da quando conobbi l’offerta di Vostra Figlia per il ritorno dei Fratelli separati ho pregato per Voi. Spero che mi permettiate di dirvi che il sacrificio di Vostra Figlia mi spinge ad una maggiore fedeltà verso Cristo e a una preghiera più intima per l’Unione di tutti i cristiani sotto il Papa. Forse Vi consolerà sapere che l’offerta di Vostra Figlia ha fatto del bene tra gli Anglicani, molti dei quali desiderano ardentemente una riunione ‘corporativa’ con Roma.
Pregherò tanto per Voi, Signora. Vi affido alla ‘Madre dei dolori’ ; Essa, che stette ai piedi della Croce di Gesù, saprà sostenervi e consolarvi nella perdita che avete fatta.
Rimaniamo uniti nella preghiera.
Umilmente Vostro in Cristo. Benedict Ley
PREGHIERA PER LA FAMIGLIA
Guarda con amore, o Dio, a Suor M. Gabriella, vittima che tu stesso hai preparato per l’Unità della Chiesa, e concedi, per sua intercessione, che tutti i coniugi, consacrati dallo Spirito Santo nell’unità dell’Amore con il Sacramento del Matrimonio, siano sempre un’offerta viva in Cristo, a lode della tua gloria e per la santità delle famiglie piccole chiese”.
Per Cristo nostro Signore. Amen
PREGHIERA PER L’UNITA’
O Dio, Pastore eterno, che hai suscitato nella Beata Maria Gabriella, vergine, il desiderio di offrire la propria vita per l’unità di tutti i cristiani, fa che, per sua intercessione, si affretti il giorno in cui, attorno alla mensa della Parola e del Pane, tutti i credenti ti lodino “con un cuore solo e un’anima sola”.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
Feriale: 7:30 - 18:30
Festivo: 8,00 - 10:00 - 11:30 - 18:30
Cappella Colle Sant'Antonio
Orario Santa Messa
Domenica ore 11:00
Fatta costruire da Nicola Santovetti ed Enrica Ricci come adempimento di un voto di ringraziamento per la nascita di un figlio, con il costo di 150.000 Lire, dal 1882 al 1889, per offrire un’assistenza religiosa alle numerose famiglie del territorio, non solo di Grottaferrata ma anche di Rocca di Papa e Marino.
Fu inaugurata il 14 luglio 1889 e affidata all’abate P. Ignazio Bivaut (francese, nel giorno del primo centenario dalla Presa della Bastiglia!!!) dei Cistercensi Riformati, insieme alla retrostante casa canonica. Questi poco parlava l’Italiano e mal comunicava con la gente, ‘i villici!’: acquistò dal Santovetti il terreno limitrofo e vi fece costruire un monastero cistercense, usando la Chiesa più come cappella del convento che come servizio alla popolazione.
Quando il 24 settembre 1898 il monastero fu dato alle Suore Trappiste di stretta osservanza la disponibilità del Tempio fu ancora più ridotta per la popolazione. Nel 1902, a seguito di un terremoto i Cistercensi ne fecero ordinare la chiusura.
Quando poi i Santovetti ne ottennero la riapertura, i Cistercensi andarono via. Nel 1905 la chiesa fu affidata ai Monaci di S. Nilo dell’Abbazia greca di S. Maria, unica Parrocchia di Grottaferrata, fino al 1918.
Agli inizi del 1919 la chiesa di S. Giuseppe fu eretta a Parrocchia, la prima di rito latino in Grottaferrata, e affidata a D. Luigi Orione. La chiesa divenne un importante centro di evangelizzazione, di carità e di formazione per i giovani.
Nei primi anni vi fu un susseguirsi di parroci designati.
Iniziò don Pietro Martinotti, che il 27 febbraio 1919 vi celebrò il primo matrimonio, di Umberto Consoli e Annita Vittoria Serafini, e vi rimase fino a giugno, con l’aiuto di don Enrico Contardi e don Francesco Casa; la prima festa parrocchiale di San Giuseppe, il 19 marzo, fu onorata dalla presenza di don Carlo Sterpi, il Vicario di don Orione e poi suo Successore, che amministrò anche il primo Battesimo alla bambina Margherita Rosi, degli sposi Erminio e Fortini Dorotea.
Nel luglio 1919 subentra don Giuseppe Opessi e subito dopo, il 15 agosto, si celebrano qui le prime Cresime. Dall’agosto 1920 c’è don Enrico Contardi. Nel settembre 1921 arriva don Antonio Tricerri e vi resta 6 anni, fino a tutta l’estate del ’27. Dal settembre 1927 al settembre del ’29 tocca a don Fausto Moncalieri. Finalmente, dall’ottobre 1929 ritorna don Giuseppe Opessi e vi rimane per ben 14 anni, fino all’ottobre del ’43: ricordato con amore, come “il primo Parroco di S. Giuseppe”, gli rimane intitolato l’oratorio parrocchiale da lui costruito. In questo periodo, dal ’35 al ’39, vive e si santifica nella vicina Trappa suor Maria Sagheddu, la Beata Maria Gabriella dell’Unità, morta vittima per l’unità dei cristiani, a 25 anni, la domenica 23 aprile 1939, festa del Buon Pastore.
Dalla seconda decade di ottobre 1943 la Parrocchia è affidata al clero diocesano: il parroco è don Tobia Dominicis, che vi resta circa due anni. Il giovedì 17 febbraio 1944 la Chiesa venne distrutta da un bombardamento aereo americano: sarà ricostruita alla fine degli anni ’40; nel frattempo funge da Chiesa il teatro-oratorio parrocchiale. A metà settembre 1945 diventa parroco don Valerio Cascia, che rimane per oltre 17 anni. Uomo aperto e comunicativo, capace di coinvolgere giovani e adulti nelle attività parrocchiali, ha come collaboratore don Remo De Angelis, che gli succede dal gennaio 1963 al settembre 1989, con l’aiuto di vari sacerdoti, in sequenza: don Carlo Meconi, don Giancarlo Schiboni, don Maurizio Del Nero e don Luciano Muratori. Chi lo ha conosciuto, lo ricorda in bicicletta fare il giro delle case della parrocchia. Con lui si sviluppa l'associazionismo dei giovani e si avviano i rapporti tra la parrocchia e "Mondo Migliore". Nella pastorale parrocchiale si affiancano ai parroci i vari ordini religiosi presenti sul territorio: le Suore del "Virgo Fidelis" collaborano direttamente per la liturgia (Madre superiora) e per la formazione (madre Prisca e Suor Maria Goretti). I padri Pallottini (don Vittorio) per l'Azione Cattolica. I Rogazionisti (p. Germinario, p. Raffaele, p. Fiorenzo, Benvenuto, Angelo e altri chierici). I Padri di S. Antonio (p. Rosario, ecc.). Impegno missionrio con p. Mario Celli. Il I° ottobre 1989 il mandato passa a don Quirino Lupelli, fino al 21 ottobre 2001. In questo periodo la parrocchia riceve la visita di Madre Teresa di Calcutta, un dono immenso per l'intera comunità parrocchiale che ha pregato con lei, una piccola grande donna in ginocchio ai piedi dell'altare. Dopo il 2001 diviene parroco don Gioacchino Liberti fino al 30 settembre 2012, quando subentrano mons. Claudio Cirulli e di don Jesudass Soosaiappan (don Jessy). Dal 21 settembre 2014 al 15 ottobre 2021 mons. Pierguido Peruzzi, fino all'attuale mons. Claudio Cirulli, parroco anche del Sacro Cuore di Gesù, di San Pio X e di San Camillo sempre a Grottaferrata.
Laici impegnati…
Siamo un’associazione di laici impegnati a vivere, ciascuno “a propria misura” ed in forma comunitaria, l’esperienza di fede, l’annuncio del Vangelo e la chiamata alla santità.
Crediamo che sia doveroso e possibile educarci reciprocamente alla responsabilità, in un cammino personale e comunitario di formazione umana e cristiana. Vogliamo essere attenti, come singoli e come comunità, alla crescita delle persone che incontriamo e che ci sono state affidate.
…con in Pastori…
Ci impegniamo a vivere la nostra vocazione laicale lavorando e collaborando con i Pastori.
…al servizio del territorio in cui vivono…
L’Azione Cattolica fin da principio ha scelto di rispondere alla vocazione missionaria, mettendosi a servizio della vigna del Signore nelle singole Chiese locali. Il nostro servizio alla Chiesa si esprime nella scelta di stare in maniera corresponsabile nelle diocesi e nelle parrocchie. Vogliamo costruire percorsi di comunione con le altre aggregazioni laicali, in fedeltà a quanto il Concilio ha chiesto a tutti i laici.
…eredi di una lunga storia…
Quella dell’Azione Cattolica è una storia che inizia da lontano. Raccontarla significa raccontare anche la storia della Chiesa e dell’Italia degli ultimi centotrenta anni. È una storia, infatti, che si intreccia con la vita di migliaia di uomini e donne, che in questo lungo periodo hanno lavorato con passione e fedeltà, servendo la Chiesa e contribuendo a costruire il Paese in cui viviamo.
…testimoni del Risorto!
Oggi, dunque,noi raccogliamo un’eredità, un tesoro prezioso consegnatoci da uomini e donne, testimoni del Vangelo, che hanno saputo fino in fondo essere interpreti dei segni dei tempi.
Presidente: Francesco Iervolino.
Segretaria: Albarosa Petternella.
Settori adulti: Massimo Risi Ambrogioni; Viviana Cugini; Francesca Massacci.
Settore giovani: Donato Nigro.
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Associazione cattolica di volontariato senza fini di lucro che dal 2000 ha come scopo il procacciamento e la distribuzione a titolo assolutamente gratuito di farmaci e materiale ospedaliero a sostegno degli "ultimi", sia in Italia che all'estero.
Con il passare del tempo l’associazione “Le Medicine” è divenuta una speranza di vita per molte persone in difficoltà e con l'adesione e la collaborazione di numerose persone, e avvalendosi di personale medico del posto, è riuscita a far pervenire enormi quantitativi di aiuti umanitari in Burkina Faso, in Albania, nelle Filippine, in Sudan, in Siria, in Serbia, in Mozambico, in Togo, in Bielorussia, in Congo, in Tanzania, in Bangui, in Nigeria, in Moldavia, in Guatemala, a Cuba, in Brasile, in Romania, in Bosnia Erzegovina, in Senegal e in Venezuela.
Creando numerosi legami con il mondo del volontariato, specialmente nell’ambito sanitario, ha dato vita ad un ampio coinvolgimento nelle proprie attività, in questo modo, grazie alla bontà di tanti donatori, cerca di dare assistenza continua a chi soffre, specialmente agli emarginati provando ad alleviare le loro sofferenze.
I volontari si riuniscono tutti i lunedì e i giovedì dalle 16,00 fino alle 18,30 in un locale della parrocchia, per sistemare, compattare ed inscatolare tutti i farmaci che riescono a reperire da privati, medici, associazioni e industrie farmaceutiche.
Opera in Parrocchia dal 2006.
Dal 9 gennaio 2024 e per tutti i martedì a venire, dalle 11:00 alle 13:00, è attivo il "Servizio Farmaci e il Servizio Medico" a Rocca di Papa.
Un servizio che daremo con piacere per dare il giusto sostegno sanitario agli assistiti Caritas di Rocca di Papa.
Il giorno dell'inaugurazione.
Presenti all'evento: (da sx) Anneke Santangeli, Carmela Cugusi, Ernesto Costantini (farmacista volontario sede di Frascati), Don Claudio Cirulli, Padre Thomas, il Dott. Mario Mariani, il direttore della Caritas Diocesana Luigi Raparelli, la Consigliera per il comune di Rocca di Papa Sabrina Cancani, l'Assessore alle Politiche Sociali del comune di Rocca di Papa Luisa Carbone, il nostro Flavio Montrucchio, L'assessore alle Politiche Sociali del comune di Grottaferrata Francesca Passini, Pino Cappello.
Responsabile per la sede di Frascati:
Pino Cappello
Responsabile per la sede di Rocca di Papa:
Carmela Cugusi
Info: http://www.lemedicine.org
«L'amore del prossimo radicato nell'amore di Dio è anzitutto un compito per ogni singolo fedele, ma è anche un compito per l'intera comunità ecclesiale, e questo a tutti i suoi livelli: dalla comunità locale alla Chiesa particolare fino alla Chiesa universale nella sua globalità». (cfr. DCE, 20).
La Caritas parrocchiale è l'organismo pastorale istituito per animare la parrocchia, con l'obiettivo di aiutare tutti a vivere la testimonianza, non solo come fatto privato, ma come esperienza comunitaria, costitutiva della Chiesa. L’idea stessa di Caritas parrocchiale esige, pertanto, una parrocchia "comunità di fede, preghiera e amore". Questo non significa che non può esserci Caritas dove non c’è "comunità", ma si tratta piuttosto di investire, le poche o tante energie della Caritas parrocchiale nella costruzione della "comunità di fede, preghiera e amore". Come se la testimonianza comunitaria della carità fosse insieme la meta da raggiungere e il mezzo, (o almeno uno dei mezzi), per costruire la comunione. Un esercizio da praticare costantemente.
Cosa ci si aspetta dalla Caritas parrocchiale?
Ogni parrocchia, che è volto della Chiesa, concretizza la propria missione attorno
È esperienza comune che ci siano, in parrocchia, una o più persone che affiancano il parroco nella cura e nella realizzazione di queste tre dimensioni. Sono gli "operatori" pastorali, coloro che "fanno" (opera) concretamente qualcosa. Dopo il Concilio Vaticano II, la pastorale si arricchisce di una nuova figura: colui che "fa perché altri facciano", o meglio, "fa, per mettere altri nelle condizioni di fare". È "l'animatore pastorale".
La Caritas parrocchiale, presieduta dal parroco, è costituita da figure di questo tipo: un gruppo di persone (ma nelle piccole comunità può trattarsi anche di una sola persona) che aiuta il parroco sul piano dell'animazione alla testimonianza della carità più che su quello operativo di servizio ai poveri. L’obiettivo principale è partire da fatti concreti – bisogni, risorse, emergenze – e realizzare percorsi educativi finalizzati al cambiamento concreto negli stili di vita ordinari dei singoli e delle comunità/gruppi, in ambito ecclesiale e civile (animazione).
Come lavorare per un così alto obiettivo?
L'esperienza e la riflessione avviata negli ultimi anni portano a definire alcuni elementi cardine su cui fondare il lavoro di ogni caritas anche in parrocchia:
Centrare sull'animazione e sul metodo pastorale il mandato della Caritas, ridimensionando le aspettative sul piano operativo, svincola la possibilità di costituire l’organismo pastorale dalle dimensioni e dalla situazione della parrocchia. In ogni contesto, infatti, seppure con modalità diverse, è possibile promuovere la cura delle relazioni, la conoscenza del contesto, la possibilità di scegliere insieme come agire, alla luce della missione della Chiesa nel mondo.
Segnala casi di disagio di tua conoscenza.
Responsabile: Marisa Vari
Centro d'ascolto: Iaco Pecora
Orario Santa Messa
Domenica ore 11,00
Luigi Orione (1872-1940)
Formazione
Luigi Orione nacque a Pontecurone, in diocesi di Tortona, il 23 giugno 1872. Il padre era selciatore di strade; la madre, donna di casa, di profonda fede e di alto senso educativo. Pur avvertendo la vocazione al sacerdozio, per tre anni (1882-1885) aiutò il padre come garzone selciatore.
Il 14 settembre 1885, a 13 anni, venne accolto nel convento francescano di Voghera (Pavia), ma una polmonite ne mise in pericolo la vita e dovette tornare in famiglia nel giugno 1886. Dall'ottobre 1886 all'agosto 1889 fu allievo dell'Oratorio di Valdocco in Torino. San Giovanni Bosco ne notò le qualità e lo annoverò tra i suoi prediletti assicurandolo «noi saremo sempre amici». A Torino conobbe anche le opere di carità di San Giuseppe Benedetto Cottolengo, vicine all'Oratorio salesiano.
Fondatore chierico
Il 16 ottobre 1889 iniziò il corso di filosofia nel seminario di Tortona. Ancora giovane chierico fu sensibile ai problemi sociali ed ecclesiali che agitavano quell'epoca travagliata. Si dedicò alla solidarietà verso il prossimo con la Società di Mutuo Soccorso San Marziano e la Conferenza di San Vincenzo. A vent'anni, scriveva: «Vi è un supremo bisogno ed un supremo rimedio per rimarginare le piaghe di questa povera patria, così bella e così infelice! Impossessarsi del cuore e dell'affetto del popolo ed illuminare la gioventù: ed effondere in tutti la grande idea della redenzione cattolica col Papa e pel Papa. Anime! Anime!». Mosso da tale visione apostolica, aperse in Tortona, il 3 luglio 1892, il primo Oratorio per curare l'educazione cristiana dei ragazzi. L'anno seguente, il 15 ottobre 1893, Luigi Orione, chierico di 21 anni, aprì un Collegio nel rione San Bernardino, destinato a ragazzi poveri.
Il 13 aprile 1895, Luigi Orione fu ordinato sacerdote e nella medesima celebrazione il Vescovo impose l'abito clericale a sei allievi del suo collegio. Sviluppò sempre più l'apostolato fra i giovani con l'apertura di nuove case a Mornico Losana (Pavia), a Noto in Sicilia, a San Remo, a Roma.
La Famiglia religiosa
Attorno al giovane Fondatore crebbero chierici e sacerdoti che formarono il primo nucleo della Piccola Opera della Divina Provvidenza. Nel 1899 iniziò il ramo degli Eremiti della Divina Provvidenza dedicati al benedettino «ora et labora», soprattutto nelle colonie agricole che, in quell'epoca, rispondevano all'esigenza di elevazione sociale e cristiana del mondo rurale.
Il Vescovo di Tortona, Mons. Igino Bandi, con Decreto del 21 marzo 1903, riconobbe canonicamente la Congregazione religiosa maschile della Piccola Opera della Divina Provvidenza, i Figli della Divina Provvidenza (sacerdoti, fratelli coadiutori ed eremiti), e ne sancì il carisma espresso apostolicamente nel «collaborare per portare i piccoli, i poveri e il popolo alla Chiesa e al Papa, mediante le opere di carità», professato con un IV voto di speciale «fedeltà al Papa». Confortato dal personale consiglio di Leone XIII, Don Orione pose nelle prime Costituzioni del 1904, tra gli scopi della nuova Congregazione, quello di lavorare per «ottenere l'unione delle Chiese separate».
Animato da un grande amore alla Chiesa e ai suoi Pastori e dalla passione per la conquista delle Anime, si interessò attivamente dei problemi emergenti del tempo, quali la libertà e l'unità della Chiesa, la questione romana, il modernismo, il socialismo, la scristianizzazione delle masse operaie.
Sulle macerie dei terremoti
Dopo il terremoto del dicembre 1908, che lasciò tra le rovine 90.000 morti, Don Orione accorse a Reggio Calabria e Messina per prestare soccorso specialmente agli orfani e divenne promotore delle opere di ricostruzione civile e religiosa. Per diretta volontà di Pio X fu nominato Vicario Generale della diocesi di Messina.
Lasciata la Sicilia dopo tre anni, poté nuovamente dedicarsi alla formazione e allo sviluppo della Congregazione. Nel dicembre 1913 inviò la prima spedizione di missionari in Brasile.
Rinnovò gli eroismi di soccorso ai terremotati dopo il cataclisma del 13 gennaio 1915 che sconvolse la Marsica con quasi 30.000 vittime. Erano gli anni della prima guerra mondiale. Don Orione percorse più volte l'Italia per sostenere le varie attività caritative, per aiutare spiritualmente e materialmente persone d'ogni ceto, per suscitare e coltivare vocazioni sacerdotali e religiose.
Le Piccole Suore Missionarie della Carità
A vent'anni dalla fondazione dei Figli della Divina Provvidenza, come in «pianta unica con molti rami», il 29 giugno 1915, diede inizio alla Congregazione delle Piccole Suore Missionarie della Carità, animate dal medesimo carisma e votate a fare sperimentare ai poveri la Provvidenza di Dio e la maternità della Chiesa attraverso la carità verso i poveri e gli infermi, i servizi d'ogni genere negli istituti di educazione, negli asili per l'infanzia e nelle varie opere pastorali. Nel 1927, iniziò anche un ramo contemplativo, le Suore Sacramentine non vedenti adoratrici, cui si aggiungeranno successivamente anche le Contemplative di Gesù Crocifisso.
Coinvolse pure i laici sui sentieri della carità e dell'impegno civile dando impulso alle associazioni delle «Dame della Divina Provvidenza», degli «Ex Allievi» e degli «Amici». In seguito, compiendo precedenti intuizioni, nella Piccola Opera della Divina Provvidenza sarà costituito anche l'Istituto Secolare Orionino e il Movimento Laicale Orionino.
Sviluppi apostolici
Dopo la prima guerra mondiale (1914-1918) si moltiplicarono scuole, collegi, colonie agricole, opere caritative e assistenziali. In particolare, Don Orione fece sorgere alla periferia delle grandi città i Piccoli Cottolengo: fu così a Genova e a Milano; fu così a Buenos Aires, a San Paulo del Brasile, a Santiago del Cile. Tali istituzioni, destinate ad accogliere i fratelli più sofferenti e bisognosi, erano da lui intese come «nuovi pulpiti» da cui parlare di Cristo e della Chiesa, «fari di fede e di civiltà».
Lo zelo missionario di Don Orione, che già si era espresso con l'invio in Brasile nel 1913 dei primi suoi religiosi, si estese poi in Argentina e Uruguay (1921), in Palestina (1921), in Polonia (1923), a Rodi (1925), negli Stati Uniti d'America (1934), in Inghilterra (1935), in Albania (1936). Egli stesso, nel 1921-1922 e nel 1934-1937, compì due viaggi missionari nell'America Latina, in Argentina, Brasile, Uruguay, spingendosi fino al Cile.
Godette della stima personale di Pio X, di Benedetto XV, di Pio XI, Pio XII e delle Autorità della Santa Sede che gli affidarono molti delicati incarichi per risolvere problemi e sanare ferite sia all'interno della Chiesa che nei rapporti con il mondo civile. Si prodigò con prudenza e carità nelle questioni del modernismo, nella promozione della Conciliazione tra Stato e Chiesa in Italia, nell'accoglienza e riabilitazione dei sacerdoti «lapsi».
Fu predicatore, confessore e organizzatore instancabile di pellegrinaggi, missioni, processioni, presepi viventi e altre manifestazioni popolari della fede. Grande devoto della Madonna, ne promosse la devozione con ogni mezzo. Con il lavoro manuale dei suoi chierici innalzò i Santuari della Madonna della Guardia a Tortona (1931) e della Madonna di Caravaggio a Fumo (1938).
Morte e gloria
Nell'inverno del 1940, già sofferente di angina pectoris e dopo due attacchi di cuore aggravati da crisi respiratorie, Don Orione si lasciò convincere dai confratelli e dai medici a cercare sollievo in una casa della Piccola Opera a Sanremo, anche se, come diceva, «non è tra le palme che voglio vivere e morire, ma tra i poveri che sono Gesù Cristo». Dopo soli tre giorni, circondato dall'affetto e dalle premure dei confratelli, Don Orione morì il 12 marzo 1940, sospirando: «Gesù! Gesù! Vado».
La sua salma, contesa dalla devozione di tanti devoti, ricevette solenni onoranze a Sanremo, Genova, Milano, terminando l'itinerario a Tortona, ove venne tumulata nella cripta del santuario della Madonna della Guardia. Il suo corpo, trovato intatto alla prima riesumazione del 1965, venne posto in onore nel medesimo santuario dopo che, il 26 ottobre 1980, Papa Giovanni Paolo II iscrisse Don Luigi Orione nell'Albo dei Beati. Canonizzato il 16 maggio 2004.
I MINISTRI STRAORDINARI DELLA COMUNIONE
Per rispondere ad una esigenza sempre più diffusa di dare a tutti coloro che lo desiderano e sono ben disposti la possibilità di comunicarsi, con una apposita Istruzione della Congregazione per il Culto e i Sacramenti del 23 gennaio 1972, dal titolo Immensae caritatis, Paolo VI ha istituito questo speciale servizio.
I fedeli laici (in virtù del sacerdozio comune ricevuto col Battesimo) già da tempo collaborano in diversi ambiti della pastorale con i ministri consacrati (sacerdozio ministariale conferito con il sacramento dell'Ordine) perché “ il dono ineffabile dell'Eucaristia sia sempre più profondamente conosciuto e si partecipi alla sua efficacia salvifica con sempre maggiore intensità ”.
Il ministro straordinario della comunione è un battezzato laico, uomo o donna, cui è affidato in maniera straordinaria (cioè solo quando si presenti una reale necessità) il servizio liturgico della distribuzione della comunione eucaristica:
- durante la messa, in caso di assemblee particolarmente numerose e/o di impossibilità fisica dei ministri ordinati;
- fuori dalla messa, agli ammalati, in casa o in ospedale, impossibilitati a recarsi in chiesa.
Il mandato ai ministri straordinari è conferito, dopo un'adeguata formazione, dal Vescovo diocesano (o dal parroco con l'autorizzazione del Vescovo) per un periodo di tempo determinato (di solito tre anni), rinnovabile anche più volte.
Rimane un ministero straordinario, poiché gli unici ministri ordinari della distribuzione della comunione sono il vescovo, i presbiteri e i diaconi.
Portare la comunione ai malati e agli anziani che non possono intervenire alla celebrazione eucaristica in chiesa, possibilmente nel giorno del Signore, consente di intensificare il rapporto comunità cristiana e infermi, rapporto che è incentrato sull'Eucaristia.
E' un modo altresì di tenere informati i malati delle iniziative pastorali della parrocchia ed è momento prezioso di presenza e incontro, sia nei confronti dei malati che dei familiari e di quanti li assistono. In questa luce il ministero straordinario della Comunione nei confronti dei malati e anziani è simultaneamente servizio della Parola, servizio del sacramento, servizio di carità. Vi sono comprese cioè tutte e tre le energie di salvezza" (GS, 3), che costituiscono e qualificano la missione ecclesiale!
Patrono dei ministri straordinari della comunione è san Tarcisio, un giovane cristiano del II secolo, che - secondo la leggenda - portava la comunione ai cristiani in carcere e sarebbe stato martirizzato mentre stava esercitando questo suo servizio.
Ciascun parrocchiano che voglia richiedere la distribuzione della Comunione Eucaristica per un parente ammalato o impossibilitato, potra' rivolgersi al parroco il quale provvedera', ove e quando non possa farlo personalmente, ad incaricare uno dei ministri straordinari presenti in parrocchia.
Con l'aumento della popolazione anziana c'e' sempre piu' bisogno di fratelli disponibili a svolgere questo servizio.
Se pensi di avere questa "vocazione" rivolgiti al parroco che potra' darti tutte le informazioni necessarie e indirizzarti ai corsi di formazione diocesani.
Ministri Straordinari per la distribuzione dell'Eucarestia:
Silvana Pappaianni
Gabriella Raparelli
Gloria Magliano
Cristina Patuzzi
Annarita Prosperi
Enrico Fortini